La Storia del Vino


La Storia del Vino

La Storia del Vino
Le origini del vino sono talmente tanto antiche da affondare nella leggenda. Alcune di esse fanno risalire l'origine della vite sino ad Adamo ed Eva, affermando che il frutto proibito del Paradiso terrestre fosse la succulenta Uva e non l'anonima Mela. Altre raccontano di Noè che avendo inventato il Vino pensò bene di salvare la Vite dal diluvio universale riservandole un posto sicuro nella sua Arca.

Venendo a tempi più recenti, sono in molti ad affermare che la vite sia originaria dell'India, e che da qui, nel terzo millennio a.C., si sia diffusa prima in Asia e in seguito nel bacino del Mediterraneo.

E' storia che in occidente la coltura della vite e la pratica della vinificazione erano note in Armenia (la Mesopotamia). Qui si compì la prima rivoluzione dell'umanità, con l'abbandono del nomadismo da parte di qualche comunità e la conseguente nascita dell'agricoltura. E' la "mezzaluna fertile" una area geografica limitrofa al corso dei fiumi Tigri ed Eufrate, madre dei cereali e laboratorio della scoperta dei processi fermentativi da cui discendono il pane, il formaggio e le bevande euforizzanti, così come noi le conosciamo oggi.

Alcuni geroglifici egiziani risalenti al 2500 a.C. descrivono già vari tipi di vino. Nell'antico Egitto la pratica della vinificazione era talmente consolidata che nel corredo funebre del re Tutankamon (1339 a.C.) erano incluse delle anfore contenenti vino con riportata la zona di provenienza, l'annata e il produttore (delle DOC ante litteram!); qualcuna conteneva del vino invecchiato da parecchi anni.

Dall'Egitto la pratica della vinificazione si diffuse presso gli Ebrei, gli Arabi e i Greci. Questi dedicarono al vino una divinità: Dionisio, Dio della convivialità.

Contemporaneamente, nel cuore del mediterraneo, la vite iniziava dalla Sicilia il suo viaggio verso l' Europa, diffondendosi prima presso i Sabini e poi presso gli Etruschi i quali divenirono abili coltivatori e vinificatori e allargarono la coltivazione dell'uva dalla Campania sino alla pianura Padana.

Presso gli antichi Romani la vinificazione assunse notevole importanza solo dopo la conquista della Grecia. L'iniziale distacco si tramutò in grande amore al punto da inserire Bacco nel novero degli Dei e da farsi promotori della diffusione della viticoltura in tutte le province dell'impero. Dal canto suo il vino ha contribuito alla nascita dell'impero romano: i Romani infatti erano a conoscenza delle proprietà battericida del vino e come consuetudine lo portavano nelle loro campagne come bevanda dei legionari. Plutarco racconta che Cesare distribuì vino ai suoi soldati per debellare una malattia che stava decimando l'esercito.

La nascita del Cristianesimo e il conseguente declino dell'Impero Romano, segna l'inizio di un periodo buio per il vino, accusato di portare ebbrezza e piacere effimero. A ciò si aggiunse la diffusione dell'Islamismo nel Mediterraneo tra l'ottocento e il millequattrocento d.C. con la messa al bando della viticoltura in tutti i territori occupati. Per contro furono proprio i monaci di quel periodo, assieme alle comunità ebraiche, a continuare, quasi in maniera clandestina la viticoltura e la pratica della vinificazione per produrre i vini da usare nei riti religiosi.

Bisognerà comunque attendere il Rinascimento per ritrovare una letteratura che restituisca al vino il suo ruolo di protagonista della cultura occidentale e che torni a decantarne le qualità. Nel diciassettesimo secolo si affinò l'arte dei bottai, divennero meno costose le bottiglie e si diffusero i tappi di sughero tutto ciò contribuì alla conservazione e al trasporto del vino favorendone il commercio.

Il diciannovesimo secolo vede consolidarsi la distintiva e straordinaria posizione che il vino occupa nella civiltà occidentale. Alla tradizione contadina inizia ad affiancarsi il contributo di illustri studiosi che si adoperano per la realizzazione di vini di sempre miglior qualità e bontà. Il vino diviene oggetto di ricerca scientifica. Nel 1866 L. Pasteur nel suo scritto Etudes sur le vin afferma "il vino è la più salutare ed igienica di tutte le bevande".

Recenti studi medici hanno dimostrato che fra coloro che si recano in viaggio nei paesi in cui sono frequenti le infezioni alimentari i turisti che consumano vino sono meno soggetti ad attacchi di dissenteria rispetto a coloro che consumano acqua anche se imbottigliata. E questo perchè a prescindere dalle cause della contaminazione, molti batteri in acqua sopravvivono e a volte prolificano mentre nel vino muoiono per via di alcune caratteristiche concomitanti quali l'acidità la presenza di alcol e di tannini. Per di più queste stesse caratteristiche rendono il vino una bevanda salutare per l'uomo a condizione che venga assunta in quantità moderate (un bicchiere a pasto). Studi medici dimostrano che un moderato consumo di vino ha effetti positivi sul sistema cardiovascolare riducendo i rischi di malattie cardiache. La ragione non è ancora del tutto chiara ma secondo alcuni ciò è dovuto alla presenza di piccole quantità di sostanze con proprietà ipocolesterinizzante che si originano dai tannini contenuti nei vini rossi.

Sono passati circa 150 anni dai primi studi di Pasteur e il tempo non lo ha ancora smentito: ad oggi non è mai stato isolato un agente patogeno per l'uomo che si origini dal vino.

LA PIANTA DELLA VITE
Per comprendere l’origine del vino è necessario conoscere le caratteristiche della pianta da cui esso ha origine: la vite.

La vite (dal latino "vite", derivato dall’indoeuropeo viere = curvare, intrecciare) è un arbusto rampicante, diffuso in vaste aree del nostro pianeta comprese tra il 20° e 50° grado di latitudine Nord e il 20° e 40° di latitudine Sud. E’ una pianta molto resistente, in grado di resistere fino a 15°C sotto zero in inverno, ma che predilige temperature comprese fra 8° e 13°C per il germogliamento, fra 16 e 20°C per la fioritura e fra 18°C e 23°C per la maturazione. Predilige i terreni calcari, preferibilmente ben drenati, e una buona esposizione al sole. Teme le avversità atmosferiche soprattutto la grandine e le gelate nel periodo della fioritura in quanto distruggono le gemme e i fiori impedendo la formazione dei frutti e danneggiando talvolta anche il raccolto dell’anno successivo. L’umidità nella fase di maturazione dell’uva favorisce l’insorgere di malattie quali il marciume e la muffa grigia o botrite che causano la rapida alterazione del vino. Teme alcuni parassiti vegetali quali l’Oidio e la Peronospera che vengono combattuti con trattamenti preventivi a base di zolfo (per l’Oidio) e rame (per la Peronospera). Tra i parassiti animali il più temuto è la Fillossera.

LA MODERNA VITICOLTURA
La vite che è stata coltivata con grande soddisfazione in tutta l'Europa, sino alla meta del 1800, è la vitis vinifera. Fu in quel periodo che, "sbarcò" nel vecchio continente, proveniente dall'america del nord, un insetto della famiglia degli Afidi: la Philloxera vastratix. I primi ad accorgersi delle devastazioni che l'insetto era in grado di provocare alla vite europea furono i francesi intorno al 1860. In Italia la fillossera giunse 20 anni dopo, e anche quì si propagò rapidamente. Gli sforzi profusi nella lotta di questo insetto furono per lunghi anni vani e, ad un certo punto, si pensò che la fillossera, che attacca le radici della vite europea e le fa marcire, avrebbe finito con il portare all'estinzione della vite autoctona.

La soluzione al problema, fu trovata con uno stratagemma che è probabilmente anche il primo esempio di lotta biologica della storia dell'umanità: innestare sulle radici delle viti americane, resistenti all'insetto, le vite europea che possiede una costituzione delle foglie non gradita alla fillossera. E' in questo modo che le varietà europee di grande qualità organolettica sono riuscite a resistere e a giungere sino a noi cariche dei loro meravigliosi frutti.

L'arrivo in Europa di viti americane, da utilizzare come porta innesti, ha naturalmente portato anche all'impianto di ibridi in grado di produrre direttamente uva: si tratta del Clinton e di Isabella (uva fragola). La legge italiana, un po' per protezionismo e un po' perché si tratta di uve poco interessanti dal punto di vista agronomico, ne ha vietato già dal 1931 l'impianto. Esistono però parecchi estimatori dei piacevoli vinelli di pronta beva che da queste uve si ottengono, e, soprattutto in realtà locali, in Italia si trovano ancora coloro che le coltivano e ne vinificano le uve, a dispetto dei divieti.
IL CICLO BIOLOGICO DELLA VITE
Il ciclo biologico della vite è costituito dal germogliamento, la fioritura, l’allegagione, l’invaiatura e la maturazione.

Il germogliamento, ossia lo schiudersi delle gemme, avviene nel mese di marzo. Vi sono tre tipi di gemme: le gemme pronte o estive che danno origine solo a rami improduttivi (detti femminelle), le gemme dormienti o ibernenti che si apriranno l’anno successivo in primavera per produrre germogli con fiori e frutti, le gemme latenti che restano inattive anche per parecchi anni e si schiudono solo in caso di necessità, ad esempio dopo una gelata, per dare origine a rami improduttivi detti polloni. La fioritura, ossia la formazione dei fiori, avviene fra la fine di aprile e l’inizio di giugno a seconda della latitudine. I fiori sono ermafroditi e l’impollinazione è anemofila ossia avviene grazie al trasporto del polline da parte del vento. L’allegagione è la trasformazione dei fiori in frutti (acini) e avviene solitamente a luglio. Solo una piccola parte dei fiori (circa il 15-20%) si trasforma in frutti, gli altri cadono (colatura) o si allungano trasformandosi in viticci (filatura), entrambi i fenomeni sono una forma di autoregolazione della pianta per evitare di disperdere le proprie disponibilità nutritive. In alcuni casi particolari, quali carenze nutritive o avversità climatiche, si aggiunge un terzo fenomeno detto acinellatura che consiste nell’arresto della crescita di acini già formati. Nella fase dell’invaiatura, i frutti formati crescono di dimensioni e si colorano di rosso o di giallo a seconda del tipo di uva, in questo periodo l’uva contiene pochi zuccheri ed è ricca di acidi. Nel periodo che va dall’invaiatura alla raccolta avviene la maturazione, che dura circa 40-50 giorni. In questo periodo l’acino aumenta di volume, continua a colorarsi e soprattutto si arricchisce di zuccheri. Inoltre si forma sulle bucce una sostanza cerosa bianca detta pruina, la quale protegge gli acini dagli agenti atmosferici avversi e trattiene dei microrganismi trasportati dal vento che si chiamano lieviti e che sono i responsabili della fermentazione.

Il primo raccolto dell’uva avviene solo dopo tre anni dalla piantagione ed è piuttosto scarso. La produzione comincia ad essere soddisfacente solo dopo 5 anni, la qualità del vino migliora progressivamente con l’età della vite, ma quando la pianta raggiunge i 30 - 50 anni la produzione comincia a diminuire fino ad essere non conveniente col protrarsi degli anni.

L'ORIGINE DELLA VINIFICAZIONE
In natura la vite cresce spontaneamente arrampicandosi sugli alberi e si propaga attraverso gli uccelli che ne mangiano i frutti. L’uva è il frutto a maggior contenuto zuccherino, ciò la rende particolarmente gradita agli uccelli favorendone la diffusione. Quando raggiunge la piena maturazione i chicchi si rompono e fuoriesce il succo. L’elevato grado zuccherino del succo e la presenza dei lieviti, naturalmente contenuti nell’uva, comporta la naturale fermentazione degli zuccheri ad alcol formando spontaneamente il vino. Gli acidi ancora presenti nell'uva a fine maturazione rendono acido il succo, il cui pH è solitamente inferiore a 4, ciò favorisce la crescita dei lieviti e il controllo o la completa eliminazione di molti microrganismi indesiderati. Parte di questa acidità rimane nel vino e assieme al contenuto alcolico svolge un ruolo battericida, eliminando molti agenti patogeni per l'uomo in particolare quelli responsabili delle intossicazioni alimentari che diversamente possono essere contratte bevendo acqua contaminata.

Il vino è quindi un prodotto spontaneo, scoperto da qualche nostro antico progenitore che vagando nella foresta si trovò a passare vicino ad un anfratto scavato nella roccia dove si era raccolto del succo d'uva convertitosi in vino. L'odore era invitante e provò ad assaggiarlo, rimase conquistato dal gusto dolce e dalla sensazione di inebriante benessere che questa strana bevanda, sicuramente di origine divina, gli aveva procurato. Sensazioni troppo intense per non provare il desiderio di descriverle agli altri e di riprodurle. Si può immaginare come fosse pratica diffusa presso i popoli primitivi che vagavano nelle foreste fermarsi a rinfrancarsi dalle fatiche del giorno per "un taglio" di vino. Il vino ti dava forza e coraggio e in più ti proteggeva dal "sortilegio" che rendeva talvolta mortali le acque.

Ma anche i doni divini devono essere meritati: i chicchi d'uva non sorvegliati venivano rubati dagli uccelli prima che stillassero il loro prezioso contenuto e non potevano venire trasportati come i cereali perché più delicati. A ciò si aggiunge che anche quando veniva trovato un luogo sicuro dove far crescere la vite a riparo dagli altri naturali antagonisti bisognava aspettare per ben tre anni prima che "il miracolo" si compisse. Di fatto la coltivazione della vite e la pratica della vinificazione è contemporanea alla nascita della civiltà contadina, ossia alla transizione dalla vita nomade a quella sedentaria che è stato uno dei primi importanti passi della storia dell'uomo. Ci si può interrogare a lungo se è nata prima la vigna o il contadino di fatto sono un connubio perfetto e indissolubile.

LA VINIFICAZIONE CON MACERAZIONE
Il processo attraverso cui un mosto diviene vino è la fermentazione alcolica. Si tratta di una reazione chimica, promossa dai lieviti presenti naturalmente sulle uve mature, in cui gli zuccheri vengono convertiti in alcol etilico ed altri prodotti di reazione secondo un processo che può essere riassunto dal seguente schema.

Durante tale trasformazione l'alcol etilico che si svolge è pari al 60% dello zucchero presente nel mosto. Ne deriva che un mosto con un grado zuccherino pari al 20%, al termine della fermentazione origina un vino contenente 120 ml/l di alcol etilico, ossia 12 gradi alcolici. I prodotti secondari della fermentazione (glicerina, diacetile, acido succinico, acido malico, acido acetico, aldeide acetica etc.) sono complessivamente pari al 5% degli zuccheri trasformati e sono molto importanti per il profumo ed il gusto del vino. La quota restante a 100 è rappresentata dall'anidride carbonica che si sviluppa copiosamente durante la fermentazione.

Il mosto, ottenuto dopo diraspapigiatura delle uve, rimane a contatto con le bucce e i vinaccioli (le vinacce) per un periodo di tempo variabile in funzione dell'effetto desiderato. Se la vinificazione viene fatta avvenire lasciando fermentare il mosto in presenza delle vinacce per un periodo di tempo relativamente lungo (7-15 giorni) si utilizza il termine "vinificazione con macerazione" o alternativamente si parla di "vinificazione in rosso". Quest'ultima definizione si collega al fatto che le sostanze coloranti, presenti nelle bucce, vengono estratte nel tempo sfruttando l'azione solubilizzante dell'alcol che viene prodotto nel corso della fermentazione. Esistono al riguardo diverse tecniche utilizzate per migliorare il contatto delle vinacce, che tendono a galleggiare sul mosto formando il cosi detto "cappello", con il mosto sottostante:

a) follatura; azione meccanica esercitata sul cappello per immergerlo nel mosto (normalmente effettuata dal vignaiolo due volte al giorno);
b) rimontaggio; innaffiamento del capello dall'alto con il mosto prelevato dal basso del tino e rilanciato verso l'alto per mezzo di una pompa per liquidi;
c) fermentazione a cappello sommerso; introduzione nel tino di fermentazione di un graticcio che ostacoli l'affioratura delle vinacce sulla superficie del mosto con la formazione di un cappello che resta immerso nel mosto.

Al termine della fermentazione il vino nuovo, torbido e ricco di anidride carbonica, viene separato dalle sue vinacce mediante un travaso che prende il nome di svinatura; il vino nuovo o "fiore" viene destinato a seconda dei casi verso tini in acciaio o botti in legno, mentre le vinacce vengono sottoposte alla torchiatura dalla quale si ottiene il vino torchiato. Il vino torchiato, meno nobile di quello ottenuto dalla svinatura, può essere o riunito con il vino "fiore" o utilizzato come prodotto finito di bassa qualità.

LA VINIFICAZIONE IN BIANCO
Le sostanze responsabili del colore dei vini (antociani) sono per lo più presenti sulle bucce degli acini e nelle parti solide (raspi e vinaccioli) e vengono estratte essenzialmente nel corso della macerazione, ad opera dell'alcol che si sviluppa durante la fermentazione. Ne consegue che se la fermentazione del mosto viene fatta avvenire dopo aver separato le vinacce da quest'ultimo si otterrà invariabilmente un vino bianco. Il processo di fermentazione in assenza di vinacce viene denominata "vinificazione in bianco". Con tale tecnica è possibile ottenere vini bianchi da uve di qualunque tipo: molti champagne e spumanti si producono da uvaggi comprendenti uve bianche e rosse; Gli champagne ottenuti da uvaggi di uve bianche vengono chiamati "blanc de blancs", per indicare univocamente la loro origine omogenea.

In un processo di vinificazione in bianco dalle uve pigiate, private di raspi bucce e vinaccioli, si ottiene il "mosto fiore" che viene lasciato fermentare per un periodo di tempo di 10-20 giorni ad una temperatura inferiore ai 20°C. In alcuni casi, il mosto viene lasciato a contatto con le vinacce per un breve periodo, 12-36 ore, ad una temperatura di 7-10°C. Si tratta di un procedimento, detto criomacerazione, che consente di aumentare l'estrazione di profumi ed aromi contenuti nelle bucce, limitando nel contempo l'estrazione dei tannini. L'applicazione delle tecnologie più moderne e sofisticate, che nel campo enologico si traducono in impianti di termostatazione dotati di sorgenti fredde molto potenti ed affidabili, consentono ormai anche la sperimentazione di tecniche "estreme". Nella produzione di vini bianchi "a tiratura limitata" si trovano ormai vini ottenuti al termine di criomacerazioni a temperature prossime agli 0° C, che consentono di prolungare la macerazione sino a otto dieci giorni. I risultati sono eccellenti e consentono la realizzazione di vini bianchi con una ampiezza olfattiva e una struttura che con le tecniche tradizionali sono di fatto irraggiungibili.

In Friuli, terra con tradizioni enologiche mai abbastanza decantate, con la criomacerazione vengono oggi prodotti veri gioielli dell'enologia tra i quali ci piace ricordare due vere rarità quali l'Ucelut e il Moscato Rosa .

I vini bianchi dotati di struttura e caratterizzati da una presenza significativa di tannini si prestano inoltre, molto bene, ad un affinamento in botti di legno di piccole dimensione (225-400 litri) per periodi compresi tra i 3 mesi ed 1 anno. Si ottengono vini bianchi che per ampiezza olfattiva, corpo e lunghezza di gusto sono in grado di regalare sensazioni molto piacevoli, a volte, inaspettate.

La mancanza, in Italia, di una consolidata tradizione nella elevazione in botti di legno di vini bianchi rende inoltre disponibili sul mercato prodotti di grande pregio caratterizzati da un rapporto qualità/prezzo molto elevato. Quest'ultimo è sicuramente un elemento che contribuisce ad aumentare il fascino di questi prodotti che spesso nulla hanno da invidiare ai più declamati e rinomati vini rossi "barricati", il cui prezzo, a volte finisce con l'essere un po' "esagerato".

In Friuli, terra da sempre votata ai grandi vini bianchi, è già oggi molto variegata l'offerta di vini elevati in botte.Un incontro in grado di dare spesso risultati eccellenti è, a nostro avviso, quello tra la Barrique ed il Verduzzo.

I VITIGNI
La vite è una pianta che viene coltivata in centinaia di diverse varietà, dette vitigni, e ciascuna di esse produce un vino diverso. Il gusto del vino dipenderà anche dal tipo di terreno in cui è coltivato, dal clima, e dalle tecniche di vinificazione e di maturazione, ma tutti i vini prodotti dall'uva dello stesso vitigno hanno qualcosa che li accomuna e li caratterizza. Per tale ragione per tutti i vini di qualità esistono dei regolamenti detti "disciplinari" che indicano per ciascuna zona enologica (detta Denominazione d'Origine) il tipo di vitigni la cui coltivazione è ammessa e le modalità di coltivazione e di lavorazione di ciascun vitigno. I vini che sottostanno a queste regole vengono designati con le sigle DOC (Denominazione d'Origine Controllata) e DOCG (Denominazione d'Origine Controllata e Garantita).

Per poter garantire il vignaiolo, prima, e il consumatore, dopo, sulla appartenenza o meno di una data pianta ad un vitigno piuttosto che ad un altro, per tanto tempo i botanici si sono cimentati in vari sistemi di descrizione e catalogazione dei vitigni dando origine alla Ampelografia (dal greco ampelos = vite, e graphia = descrizione, studio) ossia alla disciplina che studia la vite nelle sue specie e varietà coltivate.

Il primo sistema di catalogazione dei vitigni era basato sui tempi di germogliamento, fioritura e maturazione delle diverse piante. Ma ben presto si rivelò inefficace in quanto le specie più "promettenti" sono state coltivate in zone molto diverse da quelle in cui si erano originate, e riadattandosi hanno cambiato le loro abitudini. Si pensi ad esempio al Cabernet che è originario della Francia e che viene oggi coltivato anche in Africa, America, Australia,e Nuova Zelanda.

Un altro sistema di catalogazione che si è rivelato più efficace ed è arrivato ai nostri giorni si basava invece sulla descrizione degli angoli di curvatura delle foglie.

Il sistema era molto preciso ma poco utile in quanto laborioso ed anche poco correlabile con le proprietà della pianta, quali tendenza a resistere ad alcune malattie, aroma. Oggi, l'ampelografia classifica tutte le particolarità visibili della vite: forma e compattezza del grappolo, colore dei chicchi, stabilità genetica.

L'Uva
Il frutto della vite è una bacca detta acino (o chicco) derivato dalla fecondazione e maturazione del fiore, l'insieme dei chicchi è sostenuto dal raspo o graspo mediante delle ramificazioni dette pedicelli o peduncoli. Raspo più chicchi formano il grappolo d'uva. Il grappolo ha solitamente forma cilindrica o conica, può essere semplice o alato, ad acini compatti o spargoli. Gli acini possono essere sferici, subrotondi, ellittici, ovali, talvolta anche appuntiti o arcuati, il loro colore varia dal nero violaceo o bluastro al rosso, al grigio, al giallo dorato al verdino. Gli acini sono costituiti dalla buccia, dalla polpa e dai vinaccioli (o semi).
LA DEGUSTAZIONE
Un buon vino è il risultato di una armonia fra una larga gamma di componenti. Nessuno deve eccedere perché la bontà del risultato è dovuta all'equilibrio di ciascuno di essi. Come in una orchestra il risultato è dovuto alla sinfonia di tutti gli strumenti senza che nessuno prevalga sugli altri.

La degustazione consiste nel percepire, identificare e valutare le caratteristiche del vino rilevabili mediante gli organi di senso, chiamate "caratteristiche organolettiche" proprio perché vengono valutate mediante gli organi della vista, dell'olfatto del gusto e del tatto.

L'analisi organolettica del vino ha un valore qualitativo che la tecnica non può sostituire, tanto che i vini D.O.C. e D.O.C.G. devono essere sottoposti a questo esame prima di essere posti in commercio. I vini D.O.C., che in Italia sono alcune centinaia, devono essere esaminati una volta ogni tre anni; i vini D.O.C.G., che sono molto meno numerosi, vengono invece esaminati tutti gli anni. I vincoli per il conseguimento di una D.O.C.G sono più restrittivi che per una D.O.C.; ne conseguono qualità e prezzo usualmente più elevati.

La degustazione di un vino comincia, quindi, paradossalmente, osservando in tutti i suoi dettagli la bottiglia. Le informazioni sull'etichetta, il colore e lo spessore del vetro della bottiglia e il suo grado di riempimento possono raccontare molte cose sul prezioso contenuto che in essa viene conservato.

L'etichetta ci dice la tipologia, la zona di provenienza, il grado alcolico (caratteristica fondamentale del vino), la data della vendemmia (e non quella di scadenza !!!) e, a volte, se l'uva è stata raccolta a mano o meccanicamente. In un vino d'annata, il livello di riempimento della bottiglia può segnalare se la bottiglia è stata ben conservata: se il vino ha iniziato a spogliarsi, o è stato tappato in modo imperfetto, perde una parte della sua componente liquida.

Una bottiglia che contiene un vino importante è, a parità di contenuto, più pesante delle altre: è fatta con vetro spesso e scuro. Lo spessore e il colore del vetro offrono una buona protezione al vino che, come gli uomini, deve difendersi nel corso della sua vita dalle fonti di inquinamento esterno che sono di natura termica, luminosa e acustica. Le trasformazioni che il vino subisce nel corso della sua vita sono di fatto reazioni chimiche: la temperatura, le radiazioni ultraviolette e il rumore modificano il percorso lungo il quale tali trasformazioni avvengono. Un Barbaresco o un Brunello di Montalcino conservati in posizione orizzontale, in una cantina perennemente fresca, asciutta, silenziosa e buia, possono vivere serenamente anche 20 o 30 anni: non sarà così se li avremo conservati in piedi, nella scansia della cucina sopra la lavastoviglie e accanto al forno a microonde.

Se, dopo averla guardata e riguardata, magari in controluce, soppesata e studiata nei particolari, avete deciso che la bottiglia che avete tra le mani contiene il vino che fa per Voi, arriva un momento importante: l'apertura. Questa operazione segue un cerimoniale consolidato che prevede la rimozione della capsula copri tappo, l'estrazione del tappo in sughero, la verifica della qualità del tappo che deve presentarsi privo di odori sgradevoli e ancora elastico, l'avvinamento dei bicchieri e, finalmente, la mescita.

Diffidate di chi vi propone di bere un grande vino in un bicchiere di plastica bianca. Sarebbe come indossare l'abito da sera sopra un paio di pantofole! Un grande vino non può fare a meno di un bicchiere adatto a valorizzare a pieno tutte le sue qualità.

Una volta versato nel bicchiere, siamo pronti ad iniziare la valutazione delle caratteristiche organolettiche, nell'ordine: aspetto, aroma e gusto.

Malattie della vite e dei vini
Le malattie della vite non sono solo di origine crittogama o parassitaria, ma comprendono tutte quelle alterazioni degli organi della pianta dovute ad avversità atmosferiche e a carenze alimentari che provocano disturbi fisiologici manifesti, alterazioni che vengono più propriamente chiamate ampelopatie. L' instaurarsi delle malattie è totalmente legatoalle condizioni che favoriscono lo sviluppo delle piante ed è per questo che la loro diffusione è associata a diversi fattori: il microclima che circonda la pianta può permettere lo sviluppo di determinate fisiopati così come il terreno, l' esposizione, la forma di allevamento, le varie fasi vegetative e i vari organi della pianta possono facilitare o meno un determinato patogeno o parassita.

ACINELLATURA
Alterazione consistente nella produzione di acini che non raggiungono le dimensioni tipiche ma, nel grappolo, appaiono talora più grossi del diametro normale taluni inferiori o molto piccoli. Di solito l' alterazione assume maggiore valore negativo per la produzione.

ALTICHE
Questa malattia deriva da ALTICINI, una famiglia di insetti Crisomelidi. Essi provocano danno in quanto schelettrizzano le foglie. La lotta contro gli alticini si attua in genere con irrorazioni arsenicali.

FILLOSSERA
La malattia è provocata da un afide (Phylloxera vastatrix) che sui vitigni europei attacca solo le radici fino a portare la pianta alla morte. I danni sono gravissimi, in quanto si manifesta il deperimento della pianta quando ormai l' attacco alle radici è allo stadio finale, e la vite muore. L' unico mezzo di lotta consiste nell' innestare le viti europee su piede americano, che resiste meglio alla malattia e non presenta degenerazioni sulle radici.

MUFFA GRIGIA O BOTRITE
Il fungo (Sclerotinia fukeliana o Botrytis cinerea) colpisce soprattutto i grappoli, specie in alcuni ambienti e su particolari formedi allevamento (tipo tendone) dove è difficile la circolazione dell' aria; adottando, specie nei climi umidi, vitigni con grappoli spargoli e con una notevole resistenza della buccia (es. Pinot e Tokai); somministrando razionali concimazioni in cui abbondi il potassio e non ci sia un eccesso di azoto (quindi poco letame). I prodotti usati per la lotta chimica sono esteri fosforici sistemici come il benlate, il benonyl che si possono mescolare a trattamenti contro la peronospora e l' oidio.

OIDIO
Dal greco uovo genere di funghi imperfetti iscritto alle famiglie delle Moniliali è la più antica fra le più gravi malattie crittogamiche che hanno colpito i vigneti europei nella metà del secolo scorso. Questa malattia è di origine americana. Tutti gli organi verdi della pianta, grappoli, foglie,germogli sono colpiti dal parassita fungino che è in grado di propagarsi da quando la temperatura dell' aria inizia a salire ( 4°-5°) e sin verso i 25°. L' umidità favorisce lo sviluppo. L' oidio si combatte con irrorazioni di zolfo in polvere puro o rameato. Spesso i trattamenti vengono fatti contemporaneamente a quelli contro la Peronospora, mescolando gli zolfi bagnabili con solfato di rame o sali di zinco. Dato che lo oidio colpisce maggiormente il grappolo la lotta contro di esso è di primaria importanza in viticolture.

PERONOSPORA O PLASMOPARA VITICOLA
Genere di funghi Ficomiceti ascritto alla famiglia delle peronosporacee. Vi appartengono diverse specie parassite di piante superiori, delle quali la più diffusa e dannosa è la plasmopara della vite. La specie è originaria dell' America del Nord, dove, si ritiene fosse un parassita abituale delle piante selvatiche di vite. La sua prima comparsa in Europa fu msegnaqlata in Francia nel 1878. La presenza del parassita è svelata dalla comparsa sulla foglia di zone translucide dette "macchie d' olio". Il micelio (fungo) si insinua nella parte inferiore della foglia e in mezzo al grappolo, formando dentro masse di ife; la sua "produzione" è rapidissima. Il danno è ingente e la produzione di zoospore è elevatissimo, e sono facilmente trasportabili dal vento. Il danno al frutto vero e proprio si può notare dal fatto che i chicchi d' uva rinsecchiscano totalmente. La lotta contro questo tipo di fungo è attuabile solo quando il parassita si trova all' esterno della pianta, perciò si pratica irrorando le foglie con anticrittogamici a base di rame.

PIRALIDI
Vasta famiglia di insetti iscritti all' ordine dei LEPIDOTTERI. Essa è particolarmente diffusa nei paesi a clima caldo. I piralidi sono farfalle notturne e per la massima parte dannose, perchè allo stadio larvale si evolvono a spese di piante di grande interesse e valore agrario, come ad esempio la vite. Sono farfalle di dimensioni medio piccole, di costituzione gracile, ali e zampe molto ampie e lunghe rispetto al corpo.
RONCET
O arricciamento della vite. Malattia della vite dovuta ad una infezione o ad un complesso di infezioni da virus e trasmessa per talea e col terreno. Questa malattia a cui sono soggetti in particolar modo gli ibridi si manifesta con aspetto cespuglioso delle piante che si presentano con ramificazioni dense e brevi per il raccorciamento degli internodi e per lo sviluppo di molte ramificazioni secondarie. Le foglie sono piccole e deformate da numerose frastagliature. Tutta la pianta giunge rapidamente ad essiccarsi completamente.

TIGNOLA
Da POLYCHROSIS BOTRANA si tratta di un insetto lepidottero che compie 3 generazioni annuali e sverma allo stato di crisalide, le femmine depongono cica 200 uova ciascuna 2 o 3 giorni dopo l'accoppiamento e le depositanosui grappoli florali, sui tralci e sulle foglie. Le larve emettono gli sericei, si tessono una specie di bozzolo e si nutrono divorando i boccioli dei fiori. I danni causati alla vite sono ingentissimi nonostante le tignole abbia molti nemici naturali quali funghi, imenotteri, ditteri, parassiti. L'uomo difende la vite con la lotta chimica con arseniato di piombo o di calcio, fluorosilicato di bario e cloroderivati organici molto tossici e quindi devono essere usati con molta prudenza.

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